Con il nastro rosa

 

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“Ciao come stai? Com’è andato l’esame?” chiese Gianmaria a Susanna.

“E tu che ci fai qui? Ci siamo sentiti al telefono qualche minuto fa, e poi non avevo così tanta voglia di vederti! Ti ho detto al cellulare l’esito dell’esame, non ti bastava?” sbottò Susanna tenendo gli occhi bassi per la timidezza.

Era la prima volta vera che si incontravano. Fino ad allora i loro incontri si erano svolti al telefono o attraverso gli sms al cellulare. Susanna era rimasta stupita nel vederlo all’ingresso della sua Facoltà.

“Sono venuto a portarti un regalo. Ero stanco di aspettare! Volevo farti una sorpresa” continuò Gianmaria.

“Ci sei riuscito allora!” replicò Susanna.

Gianmaria si avvicinò a Susanna e le consegnò il pacchetto nascosto nella tasca dell’impermeabile beige. Susanna osservò con sospetto il pacchetto dalla carta dorata e il nastro rosa.

“Mi ha fatto subito pensare a te” disse Gianmaria imbarazzato dal modo in cui Susanna osservava l’involucro del regalo.

Susanna spacchettò il dono con mani incerte, come se stesse disinnescando una bomba. Dalla forma del pacchetto, intuì che si trattava di un libro. In cuor suo sperava però che almeno il titolo la catturasse, sbaragliando così quello strano terrore che provava per quell’uomo così troppo interessante.

“Cent’anni di Solitudine!” esclamò Susanna leggendo ad alta voce il titolo del libro/regalo.

“È uno dei miei preferiti. Avrai bisogno di uno schema per capire l’intera famiglia protagonista del romanzo” disse Gianmaria.

Susanna rimase per una decina di minuti in silenzio: il tempo necessario per ripetere a se stessa, a più riprese, la domanda che le stava esplodendo nel cuore: “Cos’è più inquietante il titolo triste del capolavoro di Marquez, o lo sguardo di Gianmaria mentre mi consiglia di realizzare uno schema per comprendere meglio il libro?”.

Gianmaria allora interruppe il flusso del suo pensiero silenzioso: “Quando ieri mi hai parlato del club Macondo, gestito dalla tua amica, ho subito pensato a questo libro. Ho accolto quella conversazione di ieri come una splendida coincidenza!” affermò Gianmaria nel tentativo di riequilibrare la sensazione di aver sbagliato momento, luogo e forse anche persona.

“Camminiamo?” suggerì Susanna per rompere l’imbarazzo che si respirava insieme allo smog cittadino.

Susanna e Gianmaria camminavano sul marciapiede che costeggiava l’ingresso della Facoltà di Lettere Moderne di Catania. Si fermarono proprio dirimpetto agli scavi romani.

“Sono affascinato da questi reperti antichi. Vedi Susanna che forme strane?”.

Susanna osservò a lungo le forme di quegli scavi abbandonati. Poi guardò quell’uomo intabarrato nell’impermeabile beige: quello che indossano, nei film, gli attori che interpretano la parte del maniaco e dell’assassino.

“Questa storia” pensò tra sé e sé “non promette nulla di buono!”.

Gianmaria si accorse del turbamento di Susanna, e per tranquillizzarla le afferrò la mano destra, e posò le sue labbra sulle nocche gelate di Susanna.

“Che cretino che sono…” pensò Gianmaria mentre inspirava dalle labbra il sapore dolciastro della pelle di Susanna “perché ho incartato il libro con il nastro rosa e non con quello dorato?”

Lo conosco quest’odore

 

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Cronaca di lei di Alessandro Mari, Narratori Feltrinelli.

Lui spalanca le palpebre come provando a mettere a fuoco una verità che corre lungo il nervo ottico. Adesso, sopra le loro teste, la pioggia è un brutale acquazzone.

Ci vedi? chiede lei asciugandogli la guancia, e sotto le dita sente il corpo di lui pulsare e irrorarsi.

Ti vedo.

La ragazza fa per prendere la scatola, ma l’uomo le abbranca il sedere e se la butta contro il petto rialzandosi in piedi. Lei gli si appende al collo.

Sono stata brava?

Lui la porta di peso fino alla lampada a stelo, spegne, torna indietro, precipita sul sofà – lei è un corpo esile sotto il corpo colossale, ma la caduta è lenta, controllata. Lo bacia, lo cinge coi polpacci, lui si libera e scende con le ginocchia sul tappeto, le addenta il reggiseno. Poi le stringe i fianchi e la gira di forza, solleva la canottiera, denuda uno spicchio di schiena e la cicatrice sotto l’ultima curva di costole, abbassa i pantaloni aderenti con uno strattone. Alla vista di tutta la pelle di lei nella luce zafferano, la prende per il collarino di raso costringendola a inarcarsi. Finalmente, dice. La ragazza si allunga fino alla borsa, sfiora l’astuccio oblungo senza poterlo recuperare perché lui l’ha già spinta in avanti – deve puntare il palmo contro la spalliera per non sprofondarci col viso. Lui scosta la striscia di slip tra le due metà di carne e schiaffeggia, allarga. 

Lo conosco quest’odore, dice.

Il tempo soffierà su te

vento

Nella corsa inesorabile della vita, in mezzo a una moltitudine di cuori arresi, ti ritroverai ancora una volta a desiderare: un viso, una foglia d’autunno, e una folata di vento sulle tue scapole indolenzite.

E nella fretta di vivere, ti accorgerai di avere le scarpe ancora troppo strette.

La sera ripasserai a mente il programma delle lezioni che svolgerai il giorno seguente, studiando dagli appunti trascritti sull’ennesima agenda nera.

Lavorerai con testardaggine a un nuovo programma, tema, libro, poesia, e alla tua nuova te.

Ingannerai l’attesa, ed anche il vento d’autunno di certe giornate catanesi, senza accorgerti, nemmeno per un istante, che il tempo soffierà su te.

 

E così…

e così

E così, hai cambiato la serratura della porta di casa. Hai deciso anche di fare ordine nella tua esistenza: un nuovo taglio di capelli, un mazzo di chiavi mai utilizzate e un indirizzo diverso per le tue mani.

Una mattina ti sei svegliata ed hai cominciato a scrivere un libro nuovo: parole nuove, nuovi aggettivi da analizzare, nuovi percorsi letterari da intraprendere.

Il primo capitolo è già terminato. Forse arriverai a scriverne altri dieci.

E non ti lascerai sorprendere dal vento freddo di Novembre.

Né dalla spiaggia abbandonata di una Catania, ancora una volta, senza scuse.